Sono contento che Tamburini sia d’accordo con il nostro circolo, ma mi preme sottolineare che la nostra battaglia non è di destra né di sinistra. Per due motivi. Il primo è che la nostra associazione non è di destra né di sinistra. Il secondo, ben più importante, è che il Porto Mediceo non è di destra né di sinistra. E’ un bene comune e appartiene a tutta la città.
Soprattutto, non è di destra né di sinistra il progetto che i circoli del Mediceo (tutti, non solo lo Yacht Club) hanno maturato. In questo progetto, il Porto è destinato a diventare un motore per lo sviluppo della città.
Noi siamo pronti ad aprire il Porto alla città: lo consideriamo un bene comune perché frontiera, intesa come confine ma più ancora come punto di contatto, fra la città e le barche che arrivano. Uno spazio in cui chi arriva dal mare di notte incontra un cinema all’aperto, una fortezza invasa di musica, una città viva che passeggia e si ferma per un aperitivo. Noi sappiamo che i transiti non si fermano volentieri a Livorno (è una tappa forzata in caso di maltempo, ma non ha le caratteristiche di Marina di Pisa o di Castiglioncello e San Vincenzo non è lontana) e crediamo che il Porto Mediceo debba invitare alla sosta, con la sua bellezza e la sua vitalità.
Noi siamo pronti a considerare il Porto come uno spazio produttivo e che dà lavoro. Non soltanto lavoro al Cantiere, che deve continuare a esistere e a produrre, ma chi ha detto che non c’è spazio per tutti?, ma anche alle tante piccole realtà che già adesso orbitano intorno al Mediceo. Noi sappiamo che una barca in transito, una barca normale, la barca di un normale turista irlandese con la pelle di aragosta e carote, ha bisogno di manutenzione, piccola manutenzione per piccoli cantieri capaci, però, di lavorare anche il 15 agosto e di riparare un motore o un rollafiocco.
Noi sappiamo che il Porto può essere una fonte di lavoro, una enorme fonte di lavoro per questa città, se si sa organizzare intorno ai bisogni di chi arriva, se sa creare una sua via Coppino in cui sia possibile acquistare i pezzi di ricambio da uno shipchandler degno di questo nome, come era Fonain ai tempi in cui vi si entrava attraversando le barriere olfattive della lezzina incatramata venduta per calafatare, ma anche l’acqua o trovare una lavanderia a gettoni per gli abiti di una crociera lunga.
Noi siamo consapevoli che il Mediceo soffre di una vecchiaia che potrebbe diventare Alzheimer se non si interviene prontamente per il suo recupero storico e architettonico e siamo pronti a investire ogni provento riveniente dalla gestione del Porto per il suo recupero. Ma pensiamo e siamo convinti che questa operazione sia possibile solo attraverso una chiave di rigenerazione urbana e sappiamo che il progetto di Azimut non lo prevede malgrado gli accordi intervenuti in sede di valutazione di impatto ambientale.
Noi vediamo chi arriva nel nostro porto e non lo conosceva. Noi siamo contenti di farglielo scoprire e di scoprire il suo entusiasmo ed è anche per questo che il nostro Yacht Club organizza alcune delle regate più prestigiose del Mediterraneo, regate a cui partecipano gli equipaggi più competitivi, regate in cui questi equipaggi frequentano la città e la abitano, regate che sono sponsorizzate prima di tutto dalla nostra città e che portano la nostra città nel mondo di chi ama la vela ed è bello sapere, perché è così, che quando una regata è organizzata dal nostro Yacht Club gli armatori e gli equipaggi sono felici di partecipare. Noi vogliamo continuare in questa storia, che è la storia del Trofeo Accademia, della 151 Miglia – l’anno scorso oltre 100 barche che hanno affrontato condizioni proibitive per avere l’onore di un trofeo che è semplicemente poter dire di aver partecipato -, della regata degli Isolotti, assieme allo Yacht Club Italiano – quest’anno più di venti barche per una manifestazione che riprendeva dopo trent’anni e la cui storia è di prima della guerra. Dall’anno prossimo, una regata di oltre seicento miglia che sarà una sfida per marinai prima che per regatanti.
Questo progetto non è di destra né di sinistra.
E’ il sogno di rigenerare un bene comune e, nel momento in cui Azimut, giustamente ad avviso di chi scrive vuole migliorare la propria produzione avviando una linea per gli yachts di oltre cento metri, si deve pensare a un orizzonte in cui Benetti fa quello che le riesce meglio mantenendo una leadership internazionale nel settore della produzione delle imbarcazioni di lusso, e lascia fare a noi quello che sappiamo fare con onesta consapevolezza e senza nessuno scopo di lucro, ovvero la gestione di un bene comune nell’interesse di tutta la città, che è l’interesse alla sua rigenerazione urbana fondata sulla resilienza di una storia unica e che è tutta nei quattro mori che guardano i punti cardinali incatenati dinanzi alla nostalgia del mare.
E questo sogno chiede risposte sia da destra che da sinistra, risposte che siano capaci di aprire un dialogo cui, per parte nostra, non ci siamo mai sottratti.